Già Maria Montessori aveva individuato l’apparecchiare la tavola come un momento educativo fondamentale per l’educazione alla vita pratica del bambino. Questa abitudine va riscoperta sia a scuola che in famiglia perché è portatrice di gesti e attenzioni che sono ancor più necessari oggi, nell’era digitale e tecnologica.
Partiamo dalla tovaglia, la storia di questo pezzo di stoffa ci rimanda al tempo dei romani in età repubblicana dove il mangiare passa dall’essere un momento frugale a una vera e propria cerimonia. Quella bellezza, che era destinata soltanto alle funzioni religiose, entra nelle case e diventa quotidianità. Celebrare etimologicamente ha come primo significato quello di ‘frequentare, affollare’ e poi finisce con l’onorare questa aggregazione. Ecco credo fermamente che abbiamo bisogno di non dare per scontata la presenza, quando stendiamo la tovaglia stiamo allestendo la scenografia dove gli attori della casa faranno il loro spettacolo (limitando le tragedie!).
La forchetta ha origini controverse, se la litigano sia i Veneziani che i Fiorentini ma ciò che invece è certo è che per molto tempo era un utensile ritenuto troppo raffinato che poteva essere usato al massimo dal “capofamiglia”. Oggi questo oggetto è democraticamente disponibile per tutti, trattiamolo come uno strumento prezioso.
Fate osservare un cucchiaio ad un bambino e chiedetegli a che cosa assomiglia. Potrebbe essere che anche loro arrivino alla stessa conclusione dell’etimo che lo riconduce alla chiocciola! Oppure potrebbero notare la somiglianza con la forma della mano quando cerca di raccogliere l’acqua. Questo antichissimo utensile è il primo che viene preso in mano dai bambini a tavola. Spesso i piccoli vogliono farci mangiare con il loro cucchiaino. Immaginate il valore che ha questo gesto pensando che in Galles scambiarsi i cucchiai è una promessa d’amore!
“Lo metto il coltello a… ?” in questa semplice domanda c’è un gesto di protezione rispetto ai bambini, anche se talvolta diventa un modo per non permettere al bambino di osare, di sperimentare, di mettersi in gioco. Dobbiamo solo stare attenti che a tavola la tensione e le distrazioni non taglino i rapporti tra i membri della famiglia.
Il bicchiere di vetro ha tanti buoni motivi per essere usato. Sicuramente è più ecologico rispetto alla plastica, è più pesante e non infrangibile in modo da costringere i bambini ad essere attenti. Trasparente come l’acqua, dalle molteplici forme, il bicchiere è una sfida che bisogna aver il coraggio di affrontare.
Tutti questi oggetti al ristorante vengono chiamati coperto, vi siete mai domandati perché? Eppure sono tutti scoperti! Il motivo risale al Medio Evo dove poteva accadere di essere avvelenati e quindi il cibo andava coperto e chiuso nella credenza. Il veleno nelle nostre tavole contemporanee non sono l’arsenico o il cianuro bensì i telefoni, le notifiche, i telegiornali, i tablet e la nostra mancanza di concentrazione.
Servire a tavola non è da servi è un servizio che può diventare anche un gioco divertente. Abbiamo bisogno di imparare il piacere di adoperarsi per il prossimo. In quest’epoca dove gli egoismi stanno prendendo il sopravvento apparecchiare la tavola diventa un gesto quotidiano per la condivisione. Facciamo in modo che il nutrimento sia fisico ed estetico. Che si possa mangiare del buon cibo sia per il corpo che per l’anima.
Forchetta e cucchiaio vennero chiamate posate perché segnavano il luogo dove bisognava pausare (fermarsi) a tavola. Fermarsi è ciò che dovrebbe fare ognuno di noi per poter incontrare i nostri cari, “apparecchiamo” questa possibilità, scopriremo che ci nutriamo di pane e di relazioni.
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