Quarto anno di insegnamento alla scuola superiore. Impegnata in tre scuole diverse, in una ho una supplenza annuale per la materia Scienze Umane con una prima del professionale socio-sanitario.
Mi sono prefissa un grande obiettivo: lezione frontale limitata a 15 minuti al massimo nell’ora didattica e tanto scambio, confronto, lavoro di gruppo, video, simulazioni, ecc… Certo, per prima cosa, faccio un tentativo di rimettere in discussione il mio modo di apprendere e di studiare, lo so che si insegna per quello che si è e non per quello che si dice, e la tentazione di scivolare in abitudini didattiche viste, vissute e subite, è sempre in agguato, ma resto vigile!
Si studiano le Scienze Umane, la loro origine, il loro perché. Così iniziamo l’Antropologia, discorrendo di Erodoto e dei suoi racconti sui popoli che lo avevano affascinato. E poi, pian piano, si entra in un territorio scivoloso … ma qual era lo scopo di questa scienza? Umanitario? A guardare bene le cartine politiche dell’Africa e dell’America e i loro mutamenti nel corso dei secoli, si direbbe che conoscere popoli diversi dai nostri era piuttosto una questione di sopraffazione e di dominio. Già …
E poi la questione delle culture semplici o “primitive” a confronto con quelle complesse o “evolute”… che grande confusione di prospettiva! Allora, che si fa sul pratico? Come possiamo superare noi, ancor prima di aver “spiegato e studiato” la definizione di Taylor, questa sciocca e orribile distinzione, fondata sul potere dei più forti? Bene, un argomento viene subito alla mente: l’arte di prendere decisioni per il bene comune, detta anche politica. Ecco qui un bel confronto. Pensiamo al nostro parlamento e al nostro governo, quante volte li vediamo litigare in aula e vediamo i poteri forti che schiacciano i diritti delle minoranze? E sapete come facevano a prendere le decisioni gli Indiani d’America, attraverso il bastone della parola? Guardo i ragazzi: le facce stupite e incredule.
Allora si fa subito un cerchio, con una lista di piccole decisioni di classe da prendere, e arriva la tartaruga Cassiopea, che prende il posto del bastone della parola. La piccola Tartaruga, signora del tempo e protettrice di chi si esprime tutelando lo spazio e il tempo della parola. E così il primo argomento entra in campo: cosa si può fare con i prof “problematici”, come approcciarli e come entrare in contatto con loro. Ed ecco il miracolo, uno scambio rispettoso di esperienze e ognuno esce dall’aula con la decisione giusta per se, presa insieme agli altri. E la ottusa e vetusta definizione di culture primitive ed evolute svapora nel nulla.
Grazie Cassiopea, una parte di “Natura Umana” autentica è entrata oggi nel quadrato della nostra aula!
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